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continuità operativa

Quanto incide la Continuità Operativa sul totale della spesa informatica?

Il costo organizzativo non è facilmente valutabile apriori, perché deriva da considerazioni strettamente legate al contesto specifico (per esempio, la scelta del personale che deve essere riassegnato ad altre sedi in caso di indisponibilità delle sedi ordinarie determina costi che possono differire notevolmente). Per la componente ICT, la risposta è strettamente legata alle soluzioni adottate. La presenza di una rete di comunicazione ad alta velocità tra i siti principali di elaborazione dei dati e siti dove sono effettuate le repliche dei dati può far variare di molto la spesa, anche a parità di soluzione tecnologica adottata per il ripristino dei servizi. Ciò premesso, la spesa annua di un’amministrazione per la Continuità Operativa può oscillare tra frazioni di punto percentuale e il 12% della spesa per l’ICT. Recenti esperienze nella Pubblica Amministrazione Centrale indicano valori inferiori al 10%, pure in presenza di soluzioni complesse.

Come si esprimono in maniera quantitativa i livelli di servizio della Continuità Operativa?

Relativamente gli aspetti organizzativi solo l’esecuzione di test periodici, preceduta da un’adeguata formazione e sensibilizzazione del personale, consente la verifica dell’adeguatezza della soluzione di continuità operativa. Sul piano dell’ICT, per definire in maniera quantitativa i livelli di continuità attesi su un servizio, si assegna un valore agli indicatori RTO (“Recovery Time Objective”, massimo tempo di indisponibilità del servizio, cioè tempo entro il quale il servizio deve essere ripristinato) e RPO (“Recovery Point Objective”, perdita dati sostenibile, in termini di distanza temporale tra il verificarsi dell’emergenza e l’ultimo salvataggio utile e ripristinabile dei dati). Ad esempio, la necessità che un servizio sia riattivato entro 48 ore da un’emergenza e che non si perdano più di 6 ore di operazioni di aggiornamento dei dati, corrisponde a fissare i parametri RTO =48 h e RPO = 6 h.

Le esigenze di continuità delle PA e delle aziende private

Nel mondo privato le esigenze di continuità operativa derivano essenzialmente dalla necessità della singola azienda di essere competitiva. Un’azienda che non è in grado di offrire ai propri clienti la continuità dei servizio rischia certamente di perdere la propria clientela e di uscire dal mercato. Nel settore pubblico esistono anche altri aspetti da tener presenti, a volte di rilievo maggiore di quelli collegati alla semplice “soddisfazione degli utenti”. Per alcuni servizi, infatti, il “cliente” è l’intera comunità, nazionale o locale, e la garanzia del servizio costituisce un obbligo piuttosto che un fattore competitivo di successo. Nel settore pubblico, inoltre, l’esigenza di continuità più avvertita consiste nel proteggere e mantenere accessibili i dati gestiti, che giuridicamente appartengono ai cittadini e sono soltanto “affidati in gestione” all’Amministrazione.

La Continuità Operativa necessita di tecnologie particolari?

La Continuità Operativa è essenzialmente il risultato di un processo organizzativo che comprende, come detto, tecnologie informatiche, peraltro non diverse da quelle normalmente utilizzate nel contesto informatico. Tra i sistemi da adottare rivestono particolare importanza i mezzi hardware e software per le repliche remote dei dati e le reti di comunicazione (quando previste) tra i siti principale e di backup. Dalla loro capacità e disponibilità dipende infatti la possibilità di prevedere meccanismi di replica remota sincrona piuttosto che asincrona. Anche la diffusione del cloud computing, pur presentando aspetti che vanno attentamente valutati nel contesto delle pubbliche amministrazioni, rappresenta un’opportunità da considerare nella scelta delle soluzioni tecnologiche.

Perché la Continuità Operativa è importante per la pubblica amministrazione?

La garanzia di continuità dei servizi e delle funzioni delle pubbliche amministrazioni è un evidente impegno istituzionale. Relativamente all’e-government, questo per avere successo, richiede, tra l’altro, l’esistenza di un’infrastruttura informatica che risponde a particolari requisiti di robustezza e, quindi, di continuità, pena il ritardo nel diffondersi tra i cittadini dell’uso delle tecnologie per accedere ai pubblici servizi. Il mezzo informatico è destinato a diventare infatti il sostituto dello sportello tradizionale, e genererà un’aspettativa di qualità del servizio, da parte del cittadino, molto superiore a quella oggi tollerata. Per questo esiste l’esigenza, per le pubbliche amministrazioni, di organizzarsi per garantire la risposta a questa aspettativa.

Che cos'è la Continuità Operativa?

La continuità operativa è l’insieme di attività volte a minimizzare gli effetti distruttivi, o comunque dannosi, di un evento che ha colpito un’organizzazione o parte di essa, garantendo la continuità delle attività in generale. La sfera di interesse della continuità operativa va oltre il solo ambito informatico, interessando l’intera funzionalità di un’organizzazione, ed è pertanto assimilabile all’espressione “business continuity”. La continuità operativa può quindi essere intesa come “l’insieme di attività volte a ripristinare lo stato del sistema informatico o parte di esso, compresi gli aspetti fisici e organizzativi e le persone necessarie per il suo funzionamento, con l'obiettivo di riportarlo alle condizioni antecedenti a un evento disastroso”. La continuità operativa comprende sia gli aspetti strettamente organizzativi, logistici e comunicativi che permettono la prosecuzione delle funzionalità di un’organizzazione, sia la continuità tecnologica, che nel contesto delle pubbliche amministrazioni riguarda l’infrastruttura informatica e telecomunicativa (ICT) ed è conosciuta come “disaster recovery” (DR).